Visita Pastorale 2 – 8 Febbraio 2014


RELAZIONE DEL PARROCO DON GINO GALANTE SULLO STATO DELLA PARROCCHIA per la Visita Pastorale 2-8-febbraio 2014.

Storia della Parrocchia: La Parrocchia San Pio X è stata istituita il 1° gennaio 1960 dall’Arcivescovo del tempo Mons. Giacomo Palombella per la nascente comunità che si andava formando con gli abitanti che a varie ondate trasmigravano dai Sassi. Il nucleo originario di questo quartiere, denominato “Spine Bianche”, è costituito dai palazzi rossi. Il piano regolatore fu opera del famoso architetto Aimonino, il quale, nella disposizione urbanistica dei palazzi, non troppo alti e con ampi spazi di verde, intendeva in qualche modo riproporre il senso del “vicinato” tipico dei Sassi. L’urbanistica e l’architettura di questi palazzi sono molto apprezzati nelle facoltà di architettura e vengono portate come esempio nei testi universitari. I palazzi costruiti negli anni successivi attorno a quel primo nucleo di palazzi rossi hanno formato purtroppo una corona disarmonica e a volte di cattivo gusto, tipica di certe periferie. Il primo sacerdote amministratore della nuova parrocchia fu per brevissimo tempo don Adolfo Palombella,  nipote dell’Arcivescovo Palombella. Subito dopo fu fatto parroco il nostro indimenticabile don Tommaso Rondinone, il quale, nei suoi 45 anni di ministero,  ha di fatto fondato e consolidato questa bella comunità educandola particolarmente con la Parola di Dio, con una carità attenta e premurosa,  con iniziative anche a sfondo sociale e con una dedizione speciale a favore di ragazzi e giovani soprattutto attraverso lo sport.. La chiesa in cui ora ci troviamo, costruita nell’arco di cinque anni dopo l’istituzione canonica, fu consacrata e dedicata a san Pio X il 5 giugno 1965 (l’anno prossimo ricorre il 50° della Dedicazione) dallo stesso Mons. Palombella. Negli anni che seguirono, un po’ per volta, don Tommaso ha fatto molteplici lavori per adeguare la chiesa alla liturgia conciliare e abbellirla di vetrate, di  pavimento policromo e di presbiterio rinnovato.

Personalmente ho avuto la fortuna di fare il vice parroco con don Tommaso dal 1976 al 1989, tredici anni ricchi di esperienze soprattutto con i giovani. Poi fui trasferito a Maria Madre della Chiesa come vice parroco con don Mimì Morelli per 17 anni, mentre qui si alternarono altri vice parroci.
Alla morte di don Tommaso, per un anno è stato amministratore don Domenico Monaciello, il quale, ricco di talenti e di iniziative, raccogliendo l’eredità di don Tommaso, ha saputo dare il giusto orientamento al dopo-don Tommaso.
Dal 10 settembre 2006 l’Arcivescovo attuale Mons. Salvatore Ligorio ha voluto affidare a me il compito di parroco, affiancandomi come vice parroco don Mimì Morelli

  • Realtà presenti (gli abitanti, ecc.):
    In questi anni ho fatto tre volte il censimento degli abitanti chiedendo i dati precisi al C.E.D. (Centro Elaborazione Dati del Comune). Il totale è rimasto stabile intorno ai 4200 abitanti.
    Vedi negli allegati le distinte degli abitanti per fasce di età, da cui risulta la prevalenza di persone anziane, poche nascite, parecchie persone sole, assistite da parenti o badanti.
    Alcune famiglie giovani vengono ad abitare qui ristrutturando e ammodernando le abitazioni.
    Anche qui il problema dei disoccupati e dei giovani in attesa di lavoro è abbastanza serio.
    Un buon numero di poveri, anche extracomunitari viene a bussare in parrocchia.
    Nel quartiere ci sono tre plessi scolastici: l’Istituto Professionale “Isabella Morra”, l’Istituto Alberghiero (III plesso) e la Scuola Giovanni Pascoli che comprende la scuola dell’infanzia, le elementari e la scuola media.
    Ci sono alcuni Centri di riabilitazione e per disabili: il Centro Rham, il Centro “Rocco Mazzarone”, un punto di riferimento dell’Associazione Down e un altro anche per la Casa dei Giovani.
    Ci sono alcuni enti pubblici: l’Università (Facoltà di Architettura), due Banche (BPM e BNL), il Centro Radiologico Lucano, il Centro Data Contact.

  • Settori pastorali:
    Sono tre i grandi settori della pastorale: l’evangelizzazione, la liturgia e la carità. In ciascuno di questi settori sono operanti alcuni sotto-settori con relativi operatori.
  • Per l’evangelizzazione sono operanti:
    Catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi dalla prima elementare alla terza media (11 classi), seguiti da un gruppo di 27 catechisti/e;
    pastorale giovanile ed equipe oratorio;
    pastorale familiare con attenzione particolare alle coppie giovani.

  • Per la liturgia:
    Gruppo ministranti;
    Animatori della liturgia (lettori, ecc.);
    Piccoli cori alle messe della domenica e Coro Polifonico per le feste solenni;
    Incaricati di arredi e suppellettili;
    Incaricati di allestimenti per celebrazioni particolari;
    Addetti alle pulizie di chiesa e locali.

  • Per la carità:
    Consiglio Pastorale e Consiglio Affari Economici;
    Gruppo Vincenziane;
    Gruppo Caritas (in via di costituzione);
    Circolo A.N.S.P.I. (in via di costituzione);
    Ministri straordinari per la comunione agli ammalati.
  • Difficoltà pastorali:
    Potremmo fare un elenco di difficoltà ambientali e pastorali. La difficoltà più grande che penso tutti condividiamo è respirare quest’aria crescente di secolarizzazione e di scristianizzazione che intorpidisce l’anima e in tanti spegne la fede in maniera indolore, senza che se ne accorgano. E’ nostra la domanda dei Vescovi: “Come annunciare il vangelo nel mondo che cambia?”. Anche qui da noi la pratica religiosa diminuisce, la frequenza alla messa festiva è ridotta a meno del 15%, i ragazzi scompaiono dopo la cresima, il mondo dei giovani è lontano, diminuiscono i matrimoni, aumentano le convivenze, le separazioni, i divorzi, ecc. Quando sono stato nominato parroco mi sono chiesto: “Da dove partire? Che progetto proporre?” Ero ben cosciente che non partivo da zero dopo i 45 anni di don Tommaso, da cui ho ereditato una comunità bella e compatta. Ma il mondo cambia anche nel nostro quartiere. Per darmi un obiettivo ho pensato allora di ispirarmi a due testi del magistero per me molto significativi: uno di Giovanni Paolo II e l’altro dei Vescovi italiani.
  • L’anima della pastorale:
    Giovanni Paolo II, lancia una sfida alla Chiesa del terzo millennio (N.M.I. n. 43): “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione … Cosa significa questo in concreto?… Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità di comunione … come principio educativo in tutti i luoghi dove si forma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministeri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono  le famiglie e le comunità … Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione …”
    I Vescovi italiani, nella nota pastorale “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”, sono premurosi di passare da una pastorale di conservazione della fede a una pastorale più missionaria. Ma come rendere missionaria la parrocchia? Ecco il loro pensiero: “Dalla liturgia alla carità, dalla catechesi alla testimonianza della vita, tutto nella Chiesa deve rendere visibile e riconoscibile Cristo Signore” (n. 1) Ebbene, la comunione come premessa e fondamento della missionarietà è diventata per me una idea fissa, forte anche della parola di Gesù che ha promesso di essere presente dove due o tre sono uniti nel suo nome. Quindi il desiderio dei Vescovi di “rendere visibile e riconoscibile la presenza di Cristo nella catechesi, nella liturgia, nella carità” è possibile se si è uniti nel nome di Gesù. Per realizzare questo obiettivo abbiamo lanciato nella comunità la cosiddetta “arte di amare”. Che vuol dire? Sull’esempio di Gesù, modello e la misura dell’amore (“Come ho amato voi”), vuol dire amare sempre, amare tutti, amare per primi, amare non a parole ma a fatti, amare perdonando e facendosi perdonare, e soprattutto, dico soprattutto, amare vuol dire vedere Gesù nell’altro. “L’hai fatto a me” dirà Gesù quel giorno. E allora vedere Gesù nel papà, nella mamma, nel figlio, nella suocera, nel collega, nel vicino di casa, nell’amico, nel nemico; vedere Gesù nel bambino del catechismo, nei suoi genitori con i loro crucci e problemi; vedere Gesù nell’altro catechista magari diverso da me, nel povero che viene a infastidire in momenti inopportuni, ed anche nel parroco. “L’hai fatto a me”. Questa frasetta ha la forza rivoluzionaria di far superare ogni contrasto, per amore a Gesù che è nell’altro.
    Certo la comunione non si improvvisa e non è sempre garantita. Quando viene meno – e questo l’abbiamo sperimentato varie volte – si sta male, emergono sentimenti negativi e contrasti, si diventa inconcludenti. E non ci si dà pace finché l’unità non è ritrovata, magari chiedendo reciproco perdono. Quando invece questa comunione c’è, si sente che la comunità è viva, è gioiosa, ricca di iniziative, più facilmente ci si muove a corpo,nessuno dice “questo è mio”,  o “questo tocca a me”, ma ciascuno fa bene la sua parte ed è a servizio di tutti; allora sì che la presenza di Gesù  diventa quasi palpabile come dicono i Vescovi. La celebrazione di oggi, ad esempio, ha visto  quaranta ministranti servire all’altare. Un bel colpo d’occhio, non c’è che dire. Ma … Cos’è? Uno spettacolo? Uno sfoggio di bravura organizzativa? per fare bella figura davanti al Vescovo? o davanti ai genitori? No. I ministranti sono preparati e sanno che salendo sull’altare devono dire a Gesù nel cuore: “Gesù sono qui per te, solo per te. Grazie, perché mi hai chiamato a servirti”.
    A questo punto non posso sottacere  una cosa per me molto importante. Non sono da solo a seminare questo principio educativo della comunione. Siamo in due, io e don Mimì. Viviamo insieme da 37 anni, non per motivi pastorali, cioè solo perché siamo parroco e vice parroco. La vita comune è stata una scelta per noi, approvata dall’Arcivescovo del tempo Mons. Michele Giordano. E’ nata dal solo fatto di avere conosciuto e condiviso la spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari, che ci spronava a vivere il nostro sacerdozio non solo nell’unità sacramentale dell’unico sacerdozio di Cristo, ma nella carità concreta e reciproca caldeggiata dal Concilio Vaticano II (cf. Presbiterorum Ordinis). Da allora ogni mattina con don Mimì rinnoviamo quel patto di amore reciproco in modo da essere testimoni di comunione prima che maestri. Questo patto di unità ci sostiene anche ora, in questa stagione della vita che si fa sempre più ricca di acciacchi per tutti e due. Non ringrazieremo mai abbastanza Dio di averci dato questa opportunità di vita comune.
    Permettetemi di dire l’ultima. Grazie a Dio, nella comunità si nota un crescendo di fervore e di partecipazione, che attira bambini, genitori, famiglie, e rende più accogliente il clima parrocchiale. In particolare gli operatori pastorali sono diventati più maturi nella loro corresponsabilità, più capaci di muoversi a corpo. Una riprova l’ho avuta proprio in questo periodo  in cui sono stato assente dalla parrocchia per motivi di salute, e questa vicenda è capitata proprio nel periodo della preparazione alla Visita Pastorale. Avrei dovuto preoccuparmi per la mia assenza? Chissà che mi combinano! E invece devo confessarvi che non mi sono per niente preoccupato della parrocchia durante la mia assenza: ero certo che tutto avrebbe funzionato alla perfezione, distinti nei rispettivi ruoli ma sempre uniti come membra di un unico corpo.
    Eccellenza, ho preferito soffermarmi di più sulla linea pastorale della parrocchia. Forse ho sottolineato di più  il positivo, non per vanagloria, ma per rendere gloria a Dio che opera nonostante i nostri limiti. Il negativo comunque c’è, difetti, omissioni, scoraggiamenti, peccati contro l’unità, delusioni che possiamo avere arrecato al: ma tutto questo lo affidiamo alla misericordia di Dio.
    E infine, Eccellenza, un grandissimo ringraziamento a lei per essere qui con noi oggi: abbiamo pregato e continuiamo a pregare perché la Visita Pastorale sia un evento di grazia per ciascuno di noi e per tutta la comunità. Grazie.